Quasi tutte le aziende fanno un uso dissennato delle case history.
Tipicamente succede questo:
A furia di rompere i maroni al Marketing perché produca qualcosa di utile, prima o poi finisce che il Marketing crea effettivamente una bella case history.
A quel punto la distribuisce con orgoglio alle Vendite nel corso del primo meeting aziendale, raccomandandosi di darla ai clienti, “perché aiuta a far capire l’applicazione della soluzione, i benefici…” etc. etc.
E a questo punto succede il disastro.
Perché molti venditori partono lancia in resta eseguendo il suggerimento alla lettera, e finiscono però per consegnare la case history, 9 volte su 10, nelle mani sbagliate!
Che spreco assurdo:
– Spreco per produrre la case history
– Spreco per stamparla
– Spreco del tempo dei venditori
E soprattutto spreco di vendite: vendite perse perché la case history viene usata male.
Ma come dovrebbe essere usata allora una case history?
Ecco qui:
la case history NON È un sostitutivo della brochure, da “volantinare” nelle mani del primo interlocutore con cui parla il venditore.
Dovrebbe invece essere uno strumento a disposizione del venditore per aiutarlo a risalire come un salmone dall’attuale interlocutore su su fino al vero decision maker.
Il venditore, quindi, non dovrebbe mai consegnare la case history al suo referente, a meno che questa persona non sia anche il decision maker, o sia un influenzatore talmente autorevole che il suo capo gli dice “dimmi dove firmare l’ordine che te lo firmo”. Ma se colui che decide è il capo del referente, o il capo del suo capo, la case history non deve essere assolutamente usata come una brochure. Altrimenti il referente la porta al suo capo o al capo del suo capo, il quale non la apprezza per niente e la appoggia lì sulla scrivania senza manco degnarla di una lettura.
INVECE…
… invece la case history dovrebbe essere usata dal venditore come un’esca prelibata proprio per arrivare al decision maker!
Gli insegnamenti che ci sono nella case history vanno cioè “venduti” come se fossero persino più preziosi del prodotto stesso che vogliamo vendere, e utilizzati come grimaldello per arrivare davanti al vero decisore.
Qualcosa della serie (rielabora in modo che siano parole tue):
“Il nostro Marketing ci ha dato delle informazioni confidenziali frutto di una ricerca che abbiamo fatto in aziende simili alla vostra parlando con decine di ___<lo stesso ruolo del decision maker>___. Per ragioni di riservatezza non possiamo mettere niente nero su bianco, ma se lei può organizzare un meeting col suo responsabile, sarò lieto di condividere con voi una serie di dati che troverete molto interessanti”.
Il venditore in questo modo smette di fare il volantinaggio di case history.
E diventa invece uno storyteller.
E in quanto storyteller, depositario di informazioni di qualità, si rende una figura più preziosa agli occhi del cliente, acquisisce autorevolezza, eleva il suo ruolo. E oltre a raccontare la case history più e meglio di una brochure, può anche fare le domande giuste a chi decide.
In ultima analisi, questo significa portare avanti più velocemente i cicli di vendita e vendere di più.
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