Ieri un nostro cliente, durante una conversazione telefonica, accennava alle difficoltà di rapporto che sta avendo con un loro attuale fornitore, cui non hanno rinnovato il contratto in scadenza. A partire da una certa data subentrerà un nuovo fornitore, e nel frattempo quello uscente non sta propriamente facilitando la collaborazione…
Il racconto mi ha fatto tornare in mente uno dei primi insegnamenti appresi molti anni fa, quando mi affacciai per la prima volta al mondo del marketing e della vendita.
Erano i primi anni ’90. La divisione di Kodak di cui ero entrato a far parte commercializzava fotocopiatrici ad alta velocità, per alti volumi di produzione. Per distinguerle dalle comuni fotocopiatrici da corridoio, si chiamavano “duplicatori”. Si trattava di attrezzature che costavano all’epoca dai 50 ad oltre 100 milioni delle vecchie lire. I clienti erano organizzazioni (pubbliche o private) dotate di un centro stampa interno.
Il tipo di vendita era un classico modello di vendita complessa, perché ogni trattativa vedeva più interlocutori coinvolti, c’erano esigenze applicative da analizzare per offrire il prodotto giusto, e la fornitura era costituita dal prodotto più un contratto di assistenza tecnica. Il tutto, infine, si traduceva in contratti di noleggio operativo che duravano da 3 a 5 anni per un fatturato mensile nell’ordine dei milioni di lire.
Va da sé che quando un contratto in scadenza non veniva né aggiornato upgradando al nuovo prodotto, né rinnovato/prolungato, significava uscire e stare fermi un giro. E quel giro poteva durare appunto dai 3 anni ai 5. Non era un bel momento.
Il Direttore Vendite della divisione si chiamava V.M. (cito qui per riservatezza solo le iniziali). Era un autentico “commerciale-commerciale”, un uomo di vendita coi controfiocchi.
Mi ricordo ancora come fosse adesso le raccomandazioni che rivolgeva ai tecnici dell’assistenza e ai venditori quando perdevamo un cliente.
Ai tecnici diceva:
Mi raccomando, tecnici dell’assistenza e operatrici del call center che gestite le richieste di intervento: voglio che diamo un servizio impeccabile fino all’ultima chiamata dell’ultimo giorno. Dobbiamo lasciare nei loro occhi un’immagine assolutamente professionale.
La riconquista del cliente comincia adesso.
Ai commerciali invece diceva:
Mi raccomando, Funzionario di Vendita e Capo Area: continuate ad andare a trovare il cliente con regolarità. Non fare l’errore di dimenticarvene per i prossimi tre anni e poi di tornare a trovarlo a ridosso della prossima scadenza, altrimenti non entreremo mai più.
Non perdete occasione per andare a presentare i nostri nuovi prodotti e servizi, trovare nuove applicazioni, proporre soluzioni che ci permettano di mantenere comunque un piedino dentro.
Ricordatevi che dobbiamo uscire dalla porta a testa alta, e che se continuiamo a trattare il cliente senza spirito vendicativo sarà più probabile che il cliente ci offra la possibilità di rientrare dalla finestra.
La riconquista del cliente comincia adesso.
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Non erano pistolotti motivazionali per tenere altro il morale della truppa: V.M. diceva questo perché, da commerciale professionista, credeva veramente che fosse l’approccio giusto.
E non si tirava indietro neppure personalmente: era capace di alzare il telefono e prendere appuntamento col cliente per fare in modo di trovarsi lì proprio la mattina in cui veniva disinstallata la nostra macchina e installata quella della concorrenza.
Quando nelle riunioni interne col management raccontava cosa avrebbe fatto per restare dentro un certo account che stava passando alla concorrenza, quello che più mi colpiva era la lucidità della sua visione. Aveva ben chiari in mente i prossimi passi da compiere. E sentendolo descrivere il suo piano d’azione, sembrava già di vedere la nostra macchina che usciva dalla porta e magicamente rientrava dalla finestra…
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La migliore strategia di uscita
Inutile dire che questa strategia di uscita è risultata in effetti molto spesso vincente.
Non so contare le volte in cui all’ultimo minuto l’apparecchiatura destinata ad uscire è stata tenuta dentro. A volte solo come macchina d’appoggio dell’odiato prodotto del concorrente che subentrava in pompa magna. Altre volte invece veniva magari ricollocata in un’altra sede del cliente.
Ma in ogni caso si raggiungevano tre scopi fondamentali:
- la macchina continuava a produrre click, e quindi a generare fatturato (meno di prima, ma sempre meglio che arrugginire in un magazzino)
- contribuiva così a pagare una parte dello stipendio del tecnico e di tutta l’organizzazione
- rimaneva una testa di ponte presso il cliente, il che ci permetteva di proporre nel tempo aggiornamenti con nuovi prodotti, nonché di restare comunque un fornitore attivo del cliente, pronti ad essere invitati per il prossimo rinnovo di lì a 36 o 48 o 60 mesi dopo.
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Qual è la morale di questa storia?
Queste raccomandazioni di vent’anni fa suonano proprio come quello che è il mantra odierno per noi di B2B:
La lead generation non è un evento: è un processo continuativo.
Non bisogna mai smettere né di generare nuovi lead, né di continuare a coltivarli e nutrirli, perché la lead generation serve a poco se non ci accompagna al nurturing di ogni relazione.
In particolare poi, se un cliente ha scelto una soluzione diversa, è proprio a partire da questo momento che dobbiamo sforzarci di continuare a coltivare il rapporto per fare in modo di generare la prossima opportunità.
L’opera per riconquistare un cliente comincia il giorno stesso in cui il cliente ti comunica che le vostre strade si separeranno.
Lo so: la tentazione di mandarlo al diavolo è forte. Alzi la mano chi non ha mai pensato “Vaffanculo!” quando un cliente gli dice NO. (Confesso di averlo fatto anche io).
Ma dopo il primo comprensibile sfogo impulsivo, al fornitore non giovano né il vittimismo né l’astio. E’ molto più efficace sforzarsi di non guardare con risentimento l’ex-cliente o il mancato-cliente. E continuare invece a coltivare la relazione, prendendo atto che gli alti e bassi del rapporto sono qualcosa che può succedere.
Usiamo il “Metodo VM”: funziona.
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