Durante un recente weekend al mare ho alloggiato presso una casa affittata online.
Location: da favola.
Linea internet: indecente.
Il sabato sera i vicini di casa ci invitano per un gin tonic.
Parlando del più e del meno mi scappa la lamentela da bauscia sul wifi.
Uno degli altri ospiti, ingegnere, sfodera il telefonino e “misura” il wifi del padrone di casa.
– “Qui invece c’è ___ in download e ____ in upload”.
Al che sua moglie, con sano buon senso, dice:
– “Beh? Cosa significa? Sono solo due numeri. Non dicono niente. Quello che al limite ci interessa è sapere se siano numeri buoni o meno buoni”.
Povero ingegnere: tutta la sua precisione tecnica sgretolata con una battuta dalla moglie.
A parte il siparietto di vita famigliare, la storiella è stata per me istruttiva.
Quante volte, infatti, enfatizziamo
– l’importanza di misurare i risultati delle campagne di marketing
– e il concetto di KPI (Key Performance Indicators, Indicatori delle Prestazioni Chiave)
senza però ricordare che i numeri, di per sé, non dicono niente se non li contestualizziamo?
Prova a riflettere.
Supponi di misurare il click-through-rate (CTR) dell’advertising: cosa ti importa sapere che è del 2% o del 3% o del 5%?…
… se non sai quando è considerabile “buono”?
E poi: in base a quali riferimenti nel tuo mercato un certo numero può essere considerato buono o meno buono?
Insomma:
se non contestualizzi un KPI rispetto al risultato medio nel mercato, non puoi sapere se quel numero sia positivo o negativo.
Certo, puoi vedere nel tempo se le tue prestazioni stanno migliorando o peggiorando. Ma non sai se siano “buone”.
Ciò che occorre, quindi:
NON è SOLO il KPI…
… ma anche un sistema di riferimento per sapere se i numeri che misuri siano considerabili molto positivi, positivi, sufficienti, o insufficienti.
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